AGGREGAZIONE E’ L’IMPERATIVO PER LA SOPRAVVIVENZA DELLE PMI

Piccolo in termini economici non è più sinonimo di bello. L’attività della micro impresa italiana era e continua ad essere, in linea generale, legata sulla produzione di beni e servizi complementari ad un progetto più ampio, del quale le PMI sono parte più o meno determinante, nel processo di subfornitura. Meno frequente è il caso di micro imprese protagoniste di tutta la filiera che coprono l’intero ciclo, dalla ideazione/ricerca sino ad arrivare al prodotto finito.

Ciò che fino a qualche tempo fa poteva andar bene, anche se è da sempre lo spartiacque tra la micro e la grande impresa, oggi sembra non funzionare più, non perchè sia cambiata la professionalità degli imprenditori ma, semplicemente, perchè al ridimensionamento/contrazione del mercato si è aggiunta la necessità per i grossi committenti di semplificare ulteriormente la catena dei fornitori, puntando ad avere un solo interlocutore che garantisca tutte le fasi del processo.

La storia ci insegna che i grandi cambiamenti avvengono all’indomani delle grandi crisi, siano esse politiche che economiche; credo quindi che la situazione attuale abbia tutte le caratteristiche per l’avvio di un processo che porti le micro imprese ad una nuova strategia di approccio con il mercato.

Questa nuova strategia si chiama “aggregazione” e può certamente essere la chiave di svolta delle PMI in termini di crescita, non solo economica ma strutturale finanziaria e di sapere.

Certo, a questo processo non tutti possono o devono partecipare, i calzolai (quei pochi che ancora restano per passione più che per convenienza) continueranno a fare il loro lavoro; ma nel campo dei servizi (ad esempio: installatori idraulici, carpentieri, pittori, edili, elettricisti, progettisti) possono, attraverso l’aggregazione, ampliare le loro opportunità di lavoro con la partecipazione a bandi in veste di capofila del progetto, anziché semplici, parziali fornitori di un servizio, “fornendo chiavi in mano”.

Lo stesso dicasi, ad esempio, in campo ambientale: esperti di energie alternative, di processi e di prodotto, officine meccaniche, carpenterie, fonderie, affiancati da operatori di marketing e di mercati esteri possono ambire ad aggredire paesi in crescita con un prodotto finito anziché una parte di esso.

E’ ovvio che un processo di questo tipo, non è di facile attuazione, vista la normale e pur comprensibile diffidenza e personalismo che caratterizza il piccolo imprenditore, ma non vi sono alternative ad un sistema economico industriale (e se vogliamo sociale) che tende sempre più ad escludere/isolare piuttosto che ad aggregare.

All’imperativo “aggregazione” vanno senz’altro affiancate due componenti essenziali per la riuscita del processo: “qualità” e “innovazione” (variabile non indifferente per ottenere anche “alto valore aggiunto), in assenza delle quali il processo non centrerebbe l’obiettivo.

Ecco perché, “piccolo” in termini economici, non è più sinonimo di bello, come la parola “localismo”, sempre in termini economici, non ha più alcun senso. “Aggregazione” quindi è la parola d’ordine che veda le nostre micro realtà artigiane coinvolte in una sfida rivoluzionaria e al tempo stesso entusiasmante.

Rivoluzionaria, perchè vanno, anche, superati schemi del passato che vedono unicamente il coinvolgimento di prodotti di filiera e di confine, pensando ad aggregazioni europee perfino su prodotti disomogenei, ma “vendibili” in “gruppo”.

In conclusione, la crisi economica in corso ormai da oltre due anni, impone alle PMI di ripensare, mettendo in discussione, le modalità del “fare impresa”sin qui attuate, valorizzando la capacità, l’ inventiva e il sapere della micro impresa.

Enrico Mattinzoli (19.11.2010)

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