CHI RISARCIRA’ GLI ITALIANI?

Non passa giorno senza che le cronache non segnalino elenchi interminabili di sperperi di denaro pubblico, tanto vergognosi e ripetuti, quasi ad essere percepiti come la normalità. Un paese, il nostro, in cui nemmeno la situazione economica disastrosa e i drastici tagli alla spesa sociale, riescono a contenere il continuo proliferare di sprechi e cattiva gestione.

Il primato tutto italiano è quindi, non solo nell’illecito e nel malaffare, ma in una vera e propria inadeguatezza nella gestione della cosa pubblica, fatta di migliaia di incapaci, forti di incarichi oltre che di una buona dose di arroganza e supponenza, che amministrano senza la purché minima preparazione o competenza.

Per svolgere la maggior parte delle attività artigianali o commerciali è necessario, oltre che un’adeguata e comprovata capacità tecnica acquisita attraverso la formazione, superare un esame di idoneità. Di contro per amministrare, e quindi decidere della sorte di centinaia di milioni di Euro di denaro pubblico, non sono determinanti capacità ed esperienza, come dire, meno professionalità più mediocrità e una buona dose di fedeltà al capo equivalgono a più possibilità di “carriera”.

E così, come se nulla fosse, si continuano a sfornare fantomatici studi di fattibilità, piani industriali, tavoli di approfondimento, commissioni di studio, destinati a riempire scaffali di faldoni inutili quanto costosi, quello che è peggio, senza produrre alcun beneficio per la collettività. Migliaia di amministratori pubblici senza arte ne parte, che mai contesteranno scelte inutili, che chi li ha nominati impone loro di fare, continuano in una sorta di mondo parallelo a vivere un’altra realtà, con l’aggravante di farlo utilizzando i nostri quattrini.

Fiere, aeroporti, centri polifunzionali, consorzi, opere iniziate e mai terminate e migliaia di società controllate o partecipate dal pubblico, che producono perdite, e dove il compenso degli amministratori viene inspiegabilmente (non per loro) aumentato in proporzione ai disavanzi accumulati, dove remunerazione del capitale investito, programmazione, convenienza degli investimenti e soprattutto senso della decenza, risultano essere vocaboli sconosciuti. Fedeli quindi al motto: avanti senza curarsi dei risultati, questo esercito di incapaci continua nella sua opera di “distruzione”.

Tornando al nostro imprenditore, laddove chiamato a fare scelte di investimento, sa di dover valutare con la massima cura ogni dettaglio della sua scelta, con la consapevolezza di rischiare di tasca sua e che in caso di fallimento del suo progetto, oltre che a perdere tutto quello che ha, verrà inesorabilmente additato come fallito da una società che non perdona gli insuccessi imprenditoriali, ma che con la stessa superficialità è pronta a dimenticare tutto il resto.

Ma a chi rispondono quei pubblici amministratori della loro incapacità, a chi rendono conto i beneficiari di compensi di società che continuano a macinare perdite, come se la loro inettitudine dovesse anche essere premiata?

Come può un paese civile non saper distinguere tra chi, per “quattro” soldi (mi riferisco alle forze dell’ordine) fa, con enorme rischio, sacrificio e senso dello Stato, il proprio dovere e chi da questo paese ricava solo benefici non rischiando nulla ?

E chi risarcirà gli italiani di scelte scellerate di amministrazioni e amministratori inadeguati, presenti non solo nel sud del paese ma ben radicati anche nelle aree così dette virtuose del nord ? 

Come è possibile fermare quindi questa moltitudine di incapaci o perlomeno come impedire loro di continuare a fare danni ?

Forse un modo ci sarebbe: far pagare con i loro soldi anziché con quelli della collettività gli effetti della loro inadeguatezza!

Enrico Mattinzoli (12.11.2012)

 

 

 

 

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