FALLIMENTI PUBBLICI E PRIVATI IMPARI IL GIUDIZIO SOCIALE

L’attuale situazione di crisi economica ci impone, oltre che ricercare nuovi e più incisivi metodi di sviluppo, di metter mano a riforme strutturali che consentano di vincolare l’utilizzo delle già poche risorse pubbliche, all’ottenimento di risultati certi.

Si tratterebbe in sostanza, di attuare una prassi consolidata nelle aziende private dove, investimenti di risorse economiche e umane sono prima programmati, e successivamente analizzati in termini di risultati.L’impresa privata differisce da quella pubblica non solo per la provenienza delle risorse, per lo spirito d’intrapresa che la anima, per il gusto della sfida nel realizzare un sogno, ma anche, e questo è il punto, per il cosiddetto rischio d’impresa.

 Un’impresa pubblica, che utilizza risorse della collettività, non solo non “rischia” alla pari di quella privata, non solo gode di benefici che spesso falsano la concorrenza, ma soprattutto pare non debba rispondere a nessuno di inefficienze, disservizi e bilanci fallimentari. La siderurgia, la chimica, l’alimentare, i trasporti, ci hanno insegnato quanto il pubblico del nostro Paese riesca ad essere fallimentare al di là delle più pessimistiche previsioni e aggiungerei della umana decenza.

Ma è curioso, o meglio vergognoso, il metro di valutazione con cui la società italiana giudica “l’ imprenditore” pubblico rispetto a quello privato di fronte all’insuccesso. Il primo viene nominato in altra società di pari o maggior importanza, gratificato con una congrua buona uscita e i debiti dell’impresa vengono ripianati, nella speranza che il successore sappia fare meglio ( leggi: sia più fortunato). Quando un imprenditore privato, fallisce nel suo progetto, non solo perde tutto quello che ha, ma è additato dall’opinione pubblica come un “fallito”, gli viene preclusa una “seconda possibilità”e da quel momento in poi porterà il marchio del suo insuccesso.  

Emblematica la cronaca dell’ ultimo anno dove decine di piccoli imprenditori si sono tolti la vita non sopportando l’idea di licenziare i loro dipendenti, e quindi di chiudere l’attività , consci che la società moderna non concede sconti, ed è pronta ad acclamare falsi miti, e al tempo stesso a giudicare senza riserve.

 Non è quindi ora, di riconoscere il ruolo che hanno avuto e continuano ad avere milioni di imprenditori, nel far crescere il paese prima di doversi arrendere ? Quei tanti eroi dell’economia che combattono ogni giorno per conquistare mercati, fino a ieri nella più totale indifferenza di politici spesso mediocri quanto impreparati e assenti, e oggi nella freddezza dei numeri di bilancio di tecnocrati che impediscono la crescita e minano la sopravvivenza.

Non è quindi giunta l’ora, di verificare come le risorse pubbliche vengono impiegate, impedendo agli incapaci di continuare a fare danni? E se proprio insistono, farglielo fare con i loro soldi?

Enrico Mattinzoli (06.12.2012)

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