LA CONTRAFFAZIONE: UNA COSTANTE NELLA SOCIETÀ OCCIDENTALE

La contraffazione ovvero un atteggiamento mentale nella ricerca di emulazione e di appropriazione di qualcosa creato da altri, e ritenuto particolarmente importante e ambito. Il prodotto contraffatto intrattiene con l’originale un rapporto contraddittorio, affermandolo implicitamente per trarne legittimità ma negandolo nella sostanza e sostituendolo con la copia, l’imitazione, la falsificazione.

Dalla storia all’arte, alle scienze le falsificazioni sono state da sempre una costante. All’epoca romana alcuni artigiani alteravano dolosamente sculture di marmo, manufatti d’argento firmandoli con i nomi dei maestri greci Prassitele e Mirone.

Nel Medioevo le reliquie cristiane erano ricercate con tale fanatismo che la domanda superava largamente l’offerta, alla quale davano risposta i falsari, con quantità inesauribili di schegge e chiodi della croce, capelli o veli della Madonna, e altre reliquie di santi e martiri. Nell’ottocento il sarcofago etrusco di Cerveteri datato cinquecento a.C. Acquistato a caro prezzo dal British Museum di Londra, in realtà venne forgiato da due abili fratelli scalpellini del tempo e riposa oggi nei sotterranei del museo.

Nel mondo l’incremento della contraffazione negli ultimi dieci anni è stato del 1200 % e l’ammontare delle perdite sulle vendite relative ai danni del fenomeno è valutato in 150 mld di dollari, e spazia dal settore industriale dell’orologio, farmaceutico, profumeria, audio-video, software e abbigliamento.

Le cause di tipo economico che portano all’aumento del fenomeno, vanno ricercate tra l’altro nelle difficoltà delle micro imprese, la crescita di manodopera disponibile e lavoro irregolare a basso prezzo, la semplificazione delle fasi di produzione, lo sviluppo tecnologico e la conseguente economicità e diffusione dei processi produttivi.

Nella prospettiva sociologica attraverso l’oggetto falso si acquista oltre all’oggetto ovvero si attua l’avvicinamento ad una classe superiore, nel differenziarsi da classi subalterne, il cosiddetto “riconoscimento planetario d’identità”.

La moda ad esempio produce “eguaglianza” attraverso l’imitazione, e perde le sue qualità originarie nel momento in cui oltrepassa un certo limite di diffusione, quindi la perdita di importanza è direttamente proporzionale alla sua diffusione, in un processo che non ha mai fine. Nel fenomeno imitativo sussiste il desiderio comune di farsi notare, di differenziarsi dai molti per assomigliare ai pochi. Oggi la dimensione della distinzione di classe di differenziazione secondaria non sparisce, ma acquisisce sempre più peso ed importanza la voglia di novità, seduzione e individualità.

Quale differenza intrinseca vi è tra una borsa tra 100 euro e una da 5.000 euro? (entrambe assolvono la loro funzione) se non la necessità di distinguersi, di affermarsi attraverso un oggetto o meglio una moda?

Il mercato quindi diventa sempre più mercato di beni di moda, che a loro volta si ergono a indicatori di status, mezzi d’illusione di mobilità sociale, che svanisce nel momento stesso in cui l’individuo percepisce il bene “status” fuori dalle sue capacità economiche, e si rivolge al mercato parallelo dei falsi. Quindi il mercato dei falsi svolge una duplice funzione: da un lato crea una vicinanza, un’appartenenza ad un mondo superiore, dall’altro consapevolezza di distanza economica dalla classe sociale di riferimento. A differenza di ciò che accadeva nel pre-consumismo, in cui lo status era prodotto dal singolo oggetto, oggi assistiamo ad un sistema di oggetti ed a una loro combinazione dinamica.

In conclusione la società contemporanea sempre più ricca di apparenza, esteriorità, banalità a scapito di contenuti ovvero uno dei prodotti del processo di trasformazione e passaggio da comunità in società.

Enrico Mattinzoli (09.09.2009)

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