LA RIPRESA ECONOMICA DEL PAESE NON PUO’ PRESCINDERE DA UN RINNOVATO CAPITALE SOCIALE

Il capitale sociale diviene, a partire dagli anni novanta, sempre più ricorrente per indicare fiducia, cooperazione sociale, partecipazione inclusiva, ovvero un bene pubblico e come tale inalienabile

Il capitale sociale è un sistema di valori diffusi nella cultura politica di un territorio in grado di produrre ricadute importanti sullo sviluppo economico, politico/istituzionale, in un legame di “fiducia” reciproca tra gli attori, al punto che la sua assenza genera chiusura, isolamento, esclusione, ovvero “familismo amorale”.

Nel nostro paese in particolare, i distretti industriali sono il prodotto di questo legame fiduciario tra politica economica e i grandi partiti di massa nati negli anni venti, fino agli anni sessanta del secolo scorso, che nelle regioni del Centro (zone rosse) e del Nord-est (zone bianche) accompagnavano l’individuo “dalla culla alla tomba”, in una sorta di intreccio benefico tra politica , imprese e lavoro e che sono stati determinanti a partire dai primi anni settanta, soprattutto nella nostra provincia, alla nascita di migliaia di piccole imprese.

Questo processo, soprattutto negli ultimi anni, è venuto meno, modificando via via il rapporto tra istituzioni, cittadino e imprese, in un clima di insoddisfazione, accompagnato da un crescente atteggiamento critico generalizzato.

L’accelerazione imposta dalla globalizzazione richiede, da parte delle istituzioni, risposte a problematiche sempre più complesse; si pensi ad esempio alla crescente incertezza per il futuro delle giovani generazioni, al grado di congestione e occupazione del suolo, al degrado ambientale, alla questione dei flussi migratori dall’Africa.

Risulta quindi difficile immaginare che, senza un contesto di reciproca fiducia, con un conseguente ritorno ad un legame partecipativo che era alla base della nostra democrazia, si possano creare le condizioni di un’inversione di tendenza.

La crisi economica dei paesi industrializzati l’impossibilità/incapacità dello Stato di dare risposte alle attese della società, un inarrestabile e macroscopico divario in termini di distribuzione di ricchezza tra cittadini , una crescente crisi di valori, determina una sorta di rigetto nei confronti nella classe politica e di conseguenza nelle istituzioni pubbliche, tale da richiedere un radicale ripensamento della nostra oramai sempre più fragile struttura sociale.

E’ all’interno di questo quadro che si inserisce il crescente indebolirsi dei canali tradizionali della politica, vedasi la caduta di partecipazione al voto, dove i partiti vengono progressivamente delegittimati e percepiti come apparati parassitari lontani dalla “gente”, venendo meno la loro capacità del dopoguerra di fornire rappresentanza, trasmettere significati, senso di appartenenza e di identità.

Una “nuova”classe politica , spesso improvvisata e non sempre preparata, non più in grado, come lo è stata in passato, di essere riferimento del territorio, sempre meno capace di confrontarsi con le Organizzazioni di Rappresentanza di imprese e lavoratori, a loro volta più interessati a perseguire effimeri spazi e posizioni anziché reagire aggregando gli interessi.

In conclusione, il consolidarsi di un nuovo capitale sociale che sappia ricreare elementi di aggregazione, attraverso valori e ideali condivisi e partecipati, può essere l’elemento di svolta e di rinascita della politica e quindi dell’economia e dell’intera società.

Enrico Mattinzoli (25.06.2015)

 

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