«UN PAESE CHE NON SI RINNOVA È DESTINATO INESORABILMENTE AL DECLINO E ALLA DEINDUSTRIALIZZAZIONE»

Una posizione, maturata alla luce della attuale situazione: “Stiamo faticosamente cercando di recuperare quello che è stato perso nel 2008 e soprattutto nel 2009, e se pure in presenza di una lieve inversione di tendenza, frutto anche del traino delle esportazioni, la nostra crescita è ancora insufficiente. Ma il nostro Paese potrebbe fare molto di più, i nostri prodotti sono di qualità,(sempre più spesso migliore di quella dei nostri competitors europei ed americani) ma non trovano lo sbocco che potrebbero se solo il sistema Italia anzichè intralciare il lavoro delle imprese lo facilitasse.

Ed è proprio nella promozione dell’export che la macchina pubblica “da il meglio di se”; esempi di inefficienza oramai sono all’ordine del giorno, divenendo al tempo stesso la normalità con la quale le imprese convivono, basti pensare alla miriade di iniziative scoordinate e costose ma soprattutto improduttive di “pseudo promozione” del prodotto Italia, con conseguente sperpero di risorse economiche ed umane.

La costituzione di un’unico organismo/regia che sappia coordinare in concerto con le Regioni, finalità, risorse e soprattutto valuti i risultati è quanto mai auspicabile. Tornando alla situazione economica non possiamo ancora parlare di una vera e propria ripresa e il segnale più evidente è che l’occupazione, neppure nelle piccole imprese, ha fatto segnare significativi miglioramenti”.

E proprio sul tema dell’occupazione e a quanto espresso nei giorni scorsi da esponenti della politica e delle organizzazioni: “Non risponde al vero che non si trovi personale. La verità è che non si trova personale qualificato e disposto ad assere retribuito, in una prima fase, in funzione delle sue effettive competenze”.

Una questione che riporta in primo piano il tema della formazione: “Oggi chi esce dalla scuola non è nella condizione di essere impiegato da subito in azienda e l’apprendistato, così come è strutturato, non è sostenibile per le piccole e medie imprese”. Sarebbe invece auspicabile “ispirarsi al modello francese in cui l’attività di apprendimento è strettamente legata a quella lavorativa in una sorta di settimana mista scuola lavoro.

E’ necessario quindi, da una parte inserire nel mondo del lavoro i giovani apprendisti con una retribuzione simbolica e dall’altra riconoscere all’impresa il ruolo di formatore attraverso l’esenzione da qualsiasi tipo di contribuzione aggiuntiva.

Dobbiamo quindi creare le condizioni perchè giovani e disoccupati, attraverso nuovi modelli formativi, siano per le professionalità acquisite: “cercati per un lavoro anzichè cercare un lavoro“.

Sempre più quindi occupazione sinonimo di formazione. Decisivo per il rilancio il ricambio generazionale: “Dobbiamo avere il coraggio di inserire i giovani meritevoli in posizioni di vertice, aprendo la strada al cambiamento a tutti i livelli, perché un paese che non si rinnova è destinato ad un inesorabile declino e alla deindustrializzazione.

Ricordo come nel 1993, in un dibattito alla presenza delle organizzazioni di categoria, l’ex sindaco avv. Trebeschi attraverso una lettera ebbe a dire una frase che mai come in questo momento risulta attuale: «I giovani non hanno bisogno della presenza di padri nobili o suocere che ingombrino corposamente il campo».

Enrico Mattinzoli (28.04.2011)

Back to Top