PRIVATIZZARE NON SIGNIFICHI SVENDERE

Si attesta a 1.902 Miliardi di Euro il debito pubblico del nostro Paese 1.600 dei quali sono costituiti da titoli dello stato detenuti solo per il 56% da investitori italiani; dato significativo se si pensa che fino al 1995 gli italiani ne erano in possesso del 90%! I nostri principali creditori europei sono Francia con 402 mld di Euro Germania con 138 mld ed Inghilterra con 56 mld, in buona sostanza questi tre Paesi europei sono creditori dell’Italia per complessivi 597 mld di Euro ovvero circa un terzo del nostro debito complessivo.

Non deve quindi sorprendere se Germania e Francia in particolare, abbiano scritto l’agenda degli impegni a cui l’Italia deve far fronte senza troppa diplomazia e con toni perentori.

E’ del tutto evidente che la nostra credibilità politica oltre i confini nazionali (che ha vissuto tempi migliori), la pesantezza dei nostri conti e le poco incoraggianti prospettive di crescita non ci consentono oggi di fare la “voce grossa”, ma risulta altrettanto evidente che mantenere gli impegni presi con l’Europa e in sostanza con i nostri principali creditori sarà determinante per il futuro del Paese.

La domanda che ogni italiano si pone, è però in che modo questa attività verrà fatta, ovvero in che modo si pensa di attuare profonde riforme, sanare i conti ed al tempo stesso rilanciare lo sviluppo. Come al solito, in Italia, il dibattito parte viziato dalla oramai insuperabile contrapposizione “a prescindere”, degli schieramenti politici che per consuetudine normalizzata, pensano alla convenienza elettorale, più che alle effettive necessità del Paese.

Ciò detto, parrebbe, come si legge da una nota del Tesoro, che finalmente abbia preso forma un “elenco” del patrimonio dello Stato suddiviso per classi e relativa stima dei valori; ciò consentirebbe di definire beni mobili ed immobili cosi detti “vendibili”.  Sorprende sapere che, come dichiarato dal Ministero, questa sia la prima volta che viene realizzato uno strumento di questo tipo, ed è altrettanto legittimo chiederci come diavolo siano congegnati i Bilanci del nostro Paese.

La vendita di parte del patrimonio pubblico, nelle intenzioni del Governo, dovrebbe servire a ridurre il debito e di conseguenza il suo costo, attività che in altri tempi avrebbe dovuto essere attuata senza esitazione, ma che per qualche inspiegabile, anche se pur ricorrente consuetudine, porta il nostro Paese ad esser sempre “fuori tempo”

Ma come spesso accade in Italia, e la storia ne è piena di esempi, vi è il rischio di mettere sullo stesso piano caserme, magazzini, palazzi magari diroccati e dove nella maggior parte dei casi le rendite non coprono nemmeno lontanamente le spese di manutenzione e partecipazioni strategiche come Finmeccanica Eni o Enel.

Premesso che vendere e destinare tali risorse ad abbassare la voragine del nostro debito è certamente l’obiettivo principale da realizzare, evitando di veicolare anche un solo euro verso la spesa corrente, vale la pena di riflettere sulle modalità di attuazione di tali alienazioni; visto il deprezzamento subito dal mercato mobiliare e immobiliare negli ultimi anni, fissando al tempo stesso il valore limite da non oltrepassare perché lo smobilizzo non si trasformi in svendita.

Altro elemento di approfondimento dovrebbe riguardare la convenienza ad immettere sul mercato immobiliare nuovi immobili che nell’attuale situazione di eccesso di offerta, dovuta anche ad un continuo aumento di volumi previsti nei PGT, non farebbe che peggiorare ulteriormente le difficoltà.

Infine, prima di pensare alla vendita di assets strategici come l’energia il gas o l’aerospaziale, mettiamo mano e allo stesso tempo ordine, alla miriade di partecipazioni che Comuni, Province e Regioni, detengono non come mission amministrativa ma sempre più come mezzo di gestione del potere.

Insomma vogliamo sperare, proprio perché siamo ancora un paese che sa illudersi, che chiunque sarà chiamato a “smobilizzare” lo faccia con lungimiranza e senso dello Stato e non svendendo all’italiana.

Enrico Mattinzoli (05.012.2011)

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