TECNOCRAZIA ITALIANA: «DELEGARE SENZA DELEGA»

La tecnocrazia, che possiamo definire come “il governo dei tecnici”, non può essere declinata al singolare, in quanto i suoi significati sono completamente diversi a seconda delle epoche, delle utilizzazioni e degli ambienti politici ed ideologici in cui si manifestano.

Dagli anni quaranta del secolo scorso, la tecnocrazia assume un duplice significato: il potere dei tecnici, ovvero potere dei competenti e il potere della tecnica, intesa come versione ideologica della cibernetica, dove le macchine intelligenti prendono il posto di decisori influenzabili.

La tecnocrazia, sviluppa il suo ragionamento affermando la fine delle ideologie e la conseguente sostituzione del politico con il tecnico competente. E’ del tutto evidente però che la tecnocrazia, nel suo voler essere tecnica asettica e neutrale, nell’affermare l’inefficacia a governare della politica e della necessità di un radicale cambiamento, a differenza di quanto afferma, possiede una valenza politica.

La tecnica è passata dalla rivoluzione industriale alla rivoluzione elettronica alla società dell’informazione, e nonostante questi mutamenti continua ad essere l’elemento di centralità. Quello della tecnocrazia,pur nella diversità dei tempi e nei modi è quindi un continuo riproporsi, come ai giorni nostri dove l’incertezza politica ed economica, la crisi finanziaria, e forse anche una certa inadeguatezza dei rappresentanti del popolo sembrerebbe richiedere la figura del tecnico come soluzione a tutti i problemi.

In buona sintesi la tesi di Saint-Simon identificato come uno degli ideologi della tecnocrazia è che la causa della crisi della politica è il non aver saputo adeguarsi al cambiamento della società, ed quindi necessario il governo degli esperti.

Tecnocrazia quindi,come governo delle élites in alternativa al governo degli eletti, categoria di potere che si sottrae alla volontà popolare, e che governa non per mezzo di un mandato elettorale, ma per una sorta di auto legittimazione in virtù del “sapere”, in altre parole, il declino della politica in favore della supremazia della scienza. Uno stato tecnico dove sono i mezzi a determinare i fini (Freyer) e non viceversa, e dove il regime dei tecnici “sembra sottomette” la politica agli automatismi della tecnica.

Nel caso italiano non si può però parlare di un rovesciamento del potere quanto una sua abdicazione per impossibilità a governare l’emergenza, una sorta di cooptazione che prescinde dal consenso popolare, come dire: avete votato noi ma non essendo in grado di fare le cose che servono al paese, senza tornare al voto, mettiamoci qualcuno che quelle cose le sa fare!

Un paradosso tutto italiano dove i tecnici prendono il posto dei politici quasi a pareggiare i conti dopo anni di malcostume in cui i politici (meglio se inesperti) hanno monopolizzato gli spazi dei tecnici in consigli di amministrazione di società di ogni tipo,con i risultati che tutti conosciamo.

E ancora i tecnici cosi detti d’area, usati per avvallare su richiesta della politica processi decisionali spesso demenziali.

Insomma i seguaci del conte Saint-Simon plaudono alla sostituzione della politica (governo degli uomini) con la tecnica (governo delle cose), dove il tecnico diviene tecnocrate, non più quindi valido supporto nelle scelte del politico, ma assumendone le sue funzioni,con la pretesa che decisioni basate su criteri di giustizia sociale e di buon senso vengano sostituiti da decisioni frutto di calcoli scientifici e criteri di efficienza, venendo meno tutto ciò che non è quantificabile in termini ragionieristici.

A farne le spese come sempre è chi ha di meno, che non ha voce per gridare o prebende da distribuire.

Certo, mi si dirà che in Italia, vista la drammatica situazione, non c’era altra scelta, ma allora significa che per il cosi detto “bene comune”, si può prescindere dal volere del popolo? oppure ancora, se i rappresentanti del popolo abdicano in favore dei tecnocrati possono essere ancora definiti nostri rappresentanti ?

Non nascondo che l’autorevolezza e la preparazione “tecnica” del prof. Monti e dei suoi Ministri è riconosciuta e di prim’ordine; ma basta quindi saper fare e possedere la tecnica per poter governare ?

Sostituendosi alla politica il tecnocrate italiano governa “per conto” tenendo sempre presente che le scelte dovranno comunque essere avvallate dal Parlamento.

Il caso della politica italiana è come al solito un misto di furbizia, inadeguatezza, ma soprattutto poca considerazione degli elettori che si manifesta in quel temporaneo “delegare senza delega” nella speranza che la situazione cambi per ritornare come se nulla fosse successo, contando sulla memoria corta degli italiani.

Enrico Mattinzoli (26.02.2012)

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