ABBASSARE LE TASSE ALLE IMPRESE E AL LAVORO SENZA AUMENTARE IL DISAVANZO dicembre 2010

La politica italiana e ovviamente i suoi attori, non perde mai occasione di stupirci, e in questi ultimi giorni abbiamo assistito (sotto l’occhio vigile della speculazione finanziaria che già si fregava le mani) ancora una volta al meglio del repertorio che nessuno sceneggiatore sarebbe riuscito nemmeno a pensare.

Sorridere di questo fenomeno tipicamente italiano potrebbe essere anche divertente, se non fosse che la posta in gioco è il futuro del nostro Paese.

Il governo, superata la “prova della fiducia”, deve ora concentrarsi sul cosiddetto patto di legislatura, ovvero “rafforzare a qualunque costo” nei numeri la possibilità di attuare le riforme, senza perdere tempo.

A qualunque costo e con chi ci sta, anche con il diavolo, con machiavellico cinismo, se questo servisse a modernizzare la nostra Nazione rendendola competitiva.

Questo è quello che chiedono le imprese e i lavoratori che affrontano il mercato con un costo del lavoro tra i più alti d’Europa, e che sono preoccupati per un debito pubblico che continua a salire.

In questa situazione è difficile immaginare di poter sostenere a lungo questo sistema di welfare, e allora sarebbe forse il caso di non sperimentare nuove formule, e seguire l’esempio della Germania (dove l’aumento del Pil è stato nell’ultimo anno intorno al 4%) abbassando le tasse alle imprese e aumentando l’iva, senza aumentare il disavanzo, ma postando il carico fiscale sui consumi così come sostengono gli economisti dell’Ocse.

Modernizzare il Paese facendolo crescere, incentivando gli investimenti e bloccando il disavanzo dovuto alla spesa corrente, in una parola tagliando drasticamente tutto ciò che è improduttivo. Solo sviluppando l’impresa si crea lavoro e si garantiscono le risorse per sostenere un efficiente sistema di welfare che garantisca le fasce più deboli.

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