INTERVISTA AL PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE ARTIGIANI gennaio 2011

Crediamo che la stretta collaborazione tra istituzioni scolastiche e imprese sia decisiva e vantaggiosa

Dott. Mattinzoli, le statistiche inerenti il mondo e il mercato del lavoro parlano di grave sofferenza per il popolo dei laureati, soprattutto per quelli della “riforma 3+2”, mentre pare che il settore artigianale e industriale fatichi addirittura nel reperire le figure professionali più “tradizionali” (panificatori, serramentisti, elettricisti, muratori, macellai, ecc.). Lei è in grado di confermare questo dato?

Mattinzoli: è sicuramente vero che c’è una richiesta per figure professionali come fornai, pasticceri, installatori di infissi, ecc., ma non mi spingerei a definirla “abbondante”. Quella che rileviamo tra le nostre imprese è una necessità distribuita e costante che non sta trovando soluzioni da diversi anni. In questa fase di crisi però il contrasto con il resto del mondo del lavoro diventa più evidente e dunque oggi la difficoltà ad assumere per mancanza di candidati di un certo tipo ha una risonanza maggiore. Si tratta di figure professionali verso cui non c’è più slancio e aspirazione da parte dei giovani: professioni forse poco “appetibili” nella lista dei desideri per cui il numero di nuovi candidati usciti da percorsi formativi di questo genere è decisamente esiguo. Questa la spiegazione ad una domanda da parte del settore artigianale che permane sempre insufficiente nella risposta e che si pone in antitesi con un mercato del lavoro in generale standby.

Qual è, a tal proposito, la situazione occupazionale in quel di Brescia?

Mattinzoli: da quello che vediamo esaminando i dati forniti nelle ultime settimane dai nostri centri studi possiamo confermare quello che da sempre sappiamo. Ovvero che Brescia non solo rispecchia la tendenza nazionale, ma spesso la anticipa di qualche mese ed è per questo che da tutta Italia ci guardano anche come possibile laboratorio di nuove soluzioni o strategie per l’uscita dalla crisi, ma anche come banco di prova delle tendenze generali. Negli ultimi mesi del 2010 è calata la domanda di cassa integrazione in deroga ma non solo: anche molte delle ore chieste preventivamente in precedenza non sono state utilizzate. Ovvero la situazione, per le imprese artigiane, non è rosea ne tranquilla, non è ancora possibile parlare compiutamente di ripresa, ma va detto che la realtà è meno pesante di certe previsioni.

Veniamo al discorso della scuola e della formazione professionale: uno degli errori più gravi sarebbe quello di aver considerato per troppo tempo il lavoro artigianale e manuale come occupazione di serie B per cui famiglia, scuola e giovani hanno inseguito il miraggio liceale e accademico come l’unica strada per la propria affermazione sociale ed economica, mentre alla lunga questo calcolo si è rivelato alquanto fatale. Come vede, in tal senso, la scuola e l’università italiane? Condivide il parere di chi le dipinge come troppo teoriche e per nulla o assai poco professionalizzanti?

Mattinzoli: il tema della formazione in generale e della scuola in particolare è a mio avviso molto delicato e merita per questo una riflessione attenta e misurata. La prima considerazione da fare è in un certo senso quella che faceva lei su una certa scollatura tra le aspirazioni di studio di ragazzi e famiglie e la reale necessità del mondo del lavoro. Ma questo credo vada letto in modo propositivo e non negativo: è sicuramente significativo e positivo che la gran parte dei ragazzi punti ad un percorso di studi di alto livello, universitario. Per questo dico che ciascuno dovrebbe affrontare la scuola per la sete personale di cultura e di voglia di sapere, per quella formazione personale umana che si vorrebbe come patrimonio per la vita. Il passo del lavoro è successivo: qualsiasi studio si sia fatto bisognerebbe orientarsi su quello che il mercato del lavoro richiede, eventualmente completando la formazione con nozioni specifiche. Sarebbe riduttivo pensare che chi ha conseguito una certa laurea o un determinato titolo di studio possa o debba trovare impiego solo in quel campo. Purtroppo succede ma è una distorsione del sistema complessivo ed una mancanza culturale: quella cioè di accettare che anche dopo una laurea si facciano lavori considerati meno nobili. Con l’Associazione Artigiani siamo da anni impegnati al fianco dell’Università. Crediamo davvero che la stretta collaborazione tra istituzioni scolastiche e imprese sia decisiva e vantaggiosa per entrambi. I ragazzi che si avvicinano alle nostre aziende hanno un contatto diretto con le figure professionali e il mondo della produzione colmando così quel vuoto di nozioni pratiche che inevitabilmente si rileva nelle aule. I nostri imprenditori allo stesso tempo incontrano e contribuiscono a formare i lavoratori di domani, suggerendo aree di sviluppo e settori di interesse ma accogliendo anche all’interno vivacità intellettuale e brillantezza che possono tradursi in innovazioni in tempi brevi. Una collaborazione schietta fatta di reciproca stima e rispetto e di valorizzazione dei ruoli può essere la strada decisiva.

Formazione professionale e apprendistato: gli imprenditori si lamentano dei carichi e degli oneri fiscali per l’accettazione dei giovani in corso di formazione e i giovani spesso si lamentano dei contratti “capestro”: quali sono, dunque, i punti critici per un rilancio della formazione professionale a 360 gradi? Che cosa bisognerebbe cambiare in termini di legge per accontentare tutti un po’ di più?

Mattinzoli: il fatto che il mondo del lavoro proponga inizialmente quasi esclusivamente contratti a tempo determinato è il sintomo evidente di una diffusa incertezza sul futuro, riflette la percezione di molti che sul domani le prospettive siano limitate e che si debba quindi procedere un passo alla volta, navigando a vista e con i collaboratori che servono in quel momento. La politica e le istituzioni però potrebbero fare qualcosa di più per stimolare l’uscita da situazioni atipiche: la prima proposta potrebbe essere quella di prevedere una serie di agevolazioni fiscali della durata magari di un anno per quelle imprese che trasformino un contratto a tempo determinato in uno a tempo indeterminato, come si fece per l’apprendistato con la legge 56/87. Sul tema della formazione poi mi sento di ribadire quanto già detto per la scuola anche rispetto all’apprendistato. Il contatto costante tra le diverse realtà è fondamentale e per questo credo che anche una modifica legislativa che consenta la formazione interna anche durante il periodo obbligatorio dell’apprendistato sarebbe un buon passo avanti.

Vuole suggerire alcune piste di lavoro per il futuro? Che cosa vede alla lunga distanza circa lo spinoso problema del lavoro?

Mattinzoli: parlare di tutto sarebbe molto lungo. Troppo. Mi permetto solo una puntualizzazione. E’ sicuramente importante che le istituzioni sostengano l’imprenditoria giovanile, le nuove imprese, coloro cioè che nonostante tutto hanno il coraggio di buttarsi. Ma non sono i soli che meritano aiuto. Non si possono dimenticare le imprese artigiane, quelle che mediamente hanno 3-4 dipendenti e che da anni resistono e tengono duro per non licenziare mai, che fanno i conti con commesse altalenanti e ricapitalizzano di tasca propria per non dover lasciare a casa i collaboratori e perdere dunque un patrimonio di tutto un sistema produttivo. Saper far sentire la vicinanza e il sostegno delle istituzioni anche a chi è abituato a fare da solo e ora più che mai è in difficoltà è un buon passo per non perdere il patrimonio che ha fatto l’attuale forza del nostro sistema.

(12MESI – M. Rossi)

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