MATTINZOLI: “BASTA LACCI AL MONDO DEL LAVORO” (Gazzettino) novembre 2013

L’opinione di Enrico Mattinzoli

«I nostri imprenditori sono i migliori su scala europea, questo non va mai dimenticato, anche se debbono fronteggiare ogni giorno vincoli assurdi. Non li avessero, l’Italia tornerebbero a correre come una locomotiva. Non ho dubbi al riguardo. E nutro la speranza e la fiducia che al più presto questo avvenga, per il bene di tutti».

La situazione è pesante, difficile, e non da oggi. Sono ormai quasi cinque anni che il paese Italia versa in una brutta crisi. Risposte, alla stagnazione del lavoro, non se ne vedono, e forse non è facile darne. Però, rimane il fatto che gli investimenti sono bloccati e i consumi di conseguenza sono fermi al palo. Molte persone hanno perso il lavoro e qualcuno rischia di perderlo in futuro, se qualcosa non cambierà. E qualcosa, stando agli indici di riferimento, potrebbe cambiare. Succederà entro qualche mese, ma porterà stabilità? Sarà, in buona sostanza, una vera rinascita per il futuro? Anche qui le risposte non possono essere che scarne, perché di certezze non ve ne sono.

Allora bisogna confidare nell’esperienza di chi nel mondo dell’economia e del lavoro ci sta da parecchio. Quindi approdiamo a Brescia, una delle provincie da sempre traino vitale del lavoro italiano, nell’industria e nella piccola e media imprenditoria. E diamo la parola al presidente di Associazione Artigiani, Enrico Mattinzoli, che ben conosce le dinamiche settoriali e può entrare con competenza nelle dinamiche del comparto e spiegarle, per capire insieme com’è il presente dell’artigianato bresciano, e, a più ampio raggio, l’attualità di tutti noi, perché, fatalmente, la crisi di un settore così rilevante, si riverbera poi nella società civile.

Mattinzoli non è ottimista: è realista semmai, pur avendo fiducia che qualcosa se non nell’immediato, più avanti si muoverà. “Certo, la speranza è un dovere e la fiducia un obbligo. Lo dobbiamo a noi stessi, agli operatori artigiani e ai nostri figli. Però, tutti i migliori auspici non debbono distoglierci dall’analizzare con freddezza la realtà. Allora non possiamo negare l’evidenza: siamo di fronte a una crisi pesante, che continua a essere tale sul nostro territorio. Qualche osservatore annuncia spiragli positivi a partire dai prossimi mesi, soprattutto nell’industria meccanica e nelle filiere del comparto artigiano che esportano. Il mercato interno è fermo. Anche se iniziamo a vedere i primi movimenti, ancora nessuno assume lavoratori.

La vera ripresa dovrebbe avvenire nei primi mesi del 2014. Ma che tipo di ripresa sarà? Fittizia o invece reale? Temporanea o duratura? Ci sarà un periodo di ripresa e poi si tornerà alle pessime condizioni di partenza, di adesso? Leggo e sento dire che i numeri sarebbero dalla parte della rinascita. Sono in aumento le aziende, sì è vero, ma di quali aziende si tratta? Vogliamo andare bene a fondo delle questioni prima di emettere verdetti che altrimenti rischiano soltanto di creare illusioni tra la gente?

Le cose non stanno così, il polso della situazione ce l’hanno bene i Confidi. Da lì si capisce come oggi il 30 per cento delle richieste di sovvenzioni vada in investimenti e il 70 per cento alle liquidità di cassa. Anni fa gli investimenti rappresentavano il 60 per cento. Il problema dell’Italia è come quello di un gatto che si morde la coda: il nostro paese dà timidi segnali nelle esportazioni, ma sul piano interno il lavoro è fermo, il che non crea occupazione e ferma i consumi. In più – continua il presidente – le imposte aumentano. In altri tempi, certi costi erano deducibili, oggi non più, quindi le imprese hanno costi maggiori, mentre gli utili sono quasi inesistenti.

In Italia oggi non vi sono certezze, il nostro è un paese che deve per forza di cose cambiare marcia. La disoccupazione di oggi è il frutto di anni di immobilismo, non nasce per un caso. Abbiamo una classe politica lontana mille miglia dai veri problemi del mondo del lavoro e dalle esigenze delle imprese. La riforma della legge elettorale è certamente utile, ma oggi occorre creare servizi, gli stessi che le imprese concorrenti europee hanno a propria disposizione e le nostre imprese non hanno. Penso poi alla burocrazia, ai tempi che occorrono alle aziende per avere risposte. Non è un caso se diverse attività si trasferiscono all’estero, dove tutto è più puntuale e dove non esistono blocchi sistematici. In America la crisi del 29 durò cinque anni.

Noi siamo quasi alla stessa quota, ma veri segnali non se ne vedono. Che fare? I primo luogo, direi di provare con il tentativo di autocertificare le attività che nascono. O meglio: effettuare una vera riduzione della tempistica, fatta salva l’osservazione di norme e regole di introduzione. Sono i tempi che bisogna abbattere, anche in certe dinamiche che riguardano i rapporti con nuovi dipendenti. La tassazione: non penso che si debbano togliere risorse allo Stato, ma bisogna cercare qualche strada alternativa. Ad esempio una sorta di premialità per chi investe, per dare a costoro la possibilità di scalare subito gli investimenti dalle imposte. Riguardo alla cartolarizzazione degli immobili dello Stato se ne parla da anni, ma non succede nulla. Il nostro è un paese vecchio. Non avessimo le idee, potremmo fare uso di concetti altrui, ma non è questo il punto. In Italia le idee non mancano, ma è quasi impossibile realizzarle per davvero.

E’ tutto molto complicato, e chi vive nel mondo del lavoro lo sa benissimo. Nonostante ciò, però – termina Enrico Mattinzoli – l’artigianato bresciano ha fiducia. Le imprese si danno da fare, pur con fatica. I nostri imprenditori sono i migliori su scala europea, questo non va mai dimenticato, anche se debbono fronteggiare ogni giorno vincoli assurdi. Non li avessero, l’Italia tornerebbero a correre come una locomotiva. Non ho dubbi al riguardo. E nutro la speranza e la fiducia che al più presto questo avvenga, per il bene di tutti”.

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