SALVARNE UNO E UCCIDERNE CENTO (E.Mattinzoli) novembre 2013

Concordato: norme da rivedere. Si abbia la decenza di dire con chiarezza che, al raddoppio nell’ultimo anno dei concordati preventivi, corrisponde la chiusura di migliaia di piccole imprese artigiane e commerciali.

Sicuramente, lo spirito della norma era e resta certamente valido, ma non sempre i benefici ottenuti sono stati superiori ai danni provocati. La necessità di superare una legge fallimentare obsoleta, risalente al 1942, aveva e ha l’obbiettivo di garantire in momenti di crisi, continuità ad aziende che abbiano la possibilità di riprendersi.

Certamente non disperdere mercati, conoscenze, capacità imprenditoriali e occupazione sono le ragioni per le quali i tribunali decidono di cancellare parte dei debiti facendo ripartire l’impresa. Ma non sempre gli effetti di queste decisioni sono positivi per l’economia.

In primo luogo viene meno una regola fondamentale del mercato, ovvero il confronto e il principio della concorrenza, che stabilisce, a parità di condizioni, chi resta e chi deve rivedere le proprie politiche aziendali.

In secondo luogo, a fronte di una impresa che riparte, peraltro non sempre con fondate garanzie di continuità, centinaia di altre piccole imprese muoiono, non per incapacità imprenditoriale, non per mancanza di commesse, ma perchè chi doveva loro dei quattrini ora può estinguere ogni pendenza pagando (ed è questa la vergogna tutta italiana), anche solo il 5% del dovuto.

Se a questo aggiungiamo i tempi medi di pagamento dell’industria, nel migliore dei casi 120 gg. e il doppio in quelli dello Stato, si comprende come una diversità di trattamento penalizzi solo ed esclusivamente “ sempre gli stessi”.

Si abbia quindi la decenza, di dire con chiarezza che, al raddoppio nell’ultimo anno dei concordati preventivi, corrisponde la chiusura di migliaia di piccole imprese artigiane e commerciali.

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