STORIA DELL’ ASSOCIAZIONE ARTIGIANI I (E. Mattinzoli)

Nel 1554 Giuseppe Tonna, illustre letterato del tempo, scriveva a proposito dei bresciani: “non comuni qualità nello sforzo lavorativo e nell’intrapresa economica, fattori congiunti a un forte senso civico, a una solida moralità, a una affaticata religione del lavoro”

DALLA MINIERA ALLA SAPIENZA DEL FERRO

Nel 1554 Giuseppe Tonna, illustre letterato del tempo, scriveva a proposito dei bresciani: “non comuni qualità nello sforzo lavorativo e nell’intrapresa economica, fattori congiunti a un forte senso civico, a una solida moralità, a una affaticata religione del lavoro”.

Sono  questi i tratti salienti nonché  i connotati principali che hanno fatto della Provincia di Brescia, sia per varietà che per  qualità delle sue produzioni una delle realtà più importanti a livello Europeo.

Lo straordinario sviluppo del territorio bresciano è in gran parte dovuto, oltre all’ingegno e laboriosità dei suoi abitanti, all’abbondanza e ricchezza di due materie prime: i metalli e l’acqua.

Il territorio bresciano è territorio di civiltà evolute già dai tempi dei Galli Cenomani, nel VI e V sec. a.C., dove la diffusione e quindi la vocazione di eccellenza, tipicamente bresciana, dell’estrazione e lavorazione del ferro, ha origine  nelle miniere delle Valli bresciane già a partire dall’anno 1000 a.C.; oggi la maggior parte delle miniere all’inizio del secolo esistenti in Italia è stata ormai chiusa.

Nelle miniere della Valle Sabbia, della Valle Trompia e della Valle Camonica, ricche di ferro, rame e argento, hanno lavorato all’estrazione i Damnatio ad Metalla ovvero i condannati ai lavori forzati dell’ Antica Roma.

Dopo la caduta dell’Impero Romano inizia in Europa un periodo di profonda decadenza fisica e culturale, che durerà fino all’anno Mille, dove si diffondono fanatismo, pestilenze e carestie e in cui si perdono  tecniche fondamentali come quelle dell’estrazione e lavorazione dei metalli e della pietra, ma che nonostante questi cambiamenti epocali, resteranno invece ben ancorate nelle valli bresciane.

Nel periodo romano  si producono armi da punta e da taglio, da caccia e da tiro e successivamente, in pieno Medioevo intorno al 1100, proprio nelle nostre Valli, accanto alle miniere e ai corsi d’acqua, con la fornitura di elmi e armature, bombarde e cannoni, schioppi, schioppetti e pistole agli eserciti medievali, assistiamo ad un forte sviluppo della produzione.

 Le fabbricazioni bresciane, vendute nei maggiori mercati d’armi allora conosciuti, in particolare della Provenza,  erano le più apprezzate e richieste  rispetto a quelle prodotte da francesi, tedeschi e inglesi.

E’ poi verso la fine del Medioevo e al passaggio di dominio da quello milanese a quello veneziano, che grazie alla conoscenza dei rapporti economici  e alla politica dei Mercanti veneziani le armi e i prodotti in ferro come falci, aratri, catene, ganci, viti, bulloni delle Valli bresciane si diffondono in tutti in tutte le piazze dove Venezia era presente, in particolare quelle di Levante.

LE PRIME ESPERIENZE DI ASSOCIAZIONISMO

A  tutela delle arti e dei mestieri, assumono  particolare importanza  nel XII sec. le Corporazioni, già presenti in epoca romana, come una sorta di “fratellanza” in difesa degli interessi degli associati,che a Brescia si sviluppano intorno all’Università dei Mercanti,  in centro storico, in corso Goffredo Mameli,  nella zona delle botteghe  artigiane.

Laboratori nei quali lavoreranno nel Rinascimento alcuni illustri maestri bresciani: Il lituaio Gasparo Bertolotti meglio conosciuto come “Gasparo da Salò”, Alessandro Bonvicino il “Moretto”, Girolamo Romani il “Romanino” e decine di artisti minori formatisi nella culla del sapere di questi maestri.

La sua attività proseguirà fino al 1802 divenendo poi “Camera Primaria di Commercio di Brescia” e  subentrandone nelle funzioni, tranne quella giudiziaria.

In questo organismo erano riuniti i mercanti, maestri di bottega e artigiani, con lo scopo di tutelare la loro professione con criteri per la lavorazione, misurazione e vendita dei prodotti e regolamento della concorrenza.

Le prime Corporazioni a costituirsi furono quelle Mercantili e successivamente quelle Artigianali, che consideravano chi non era iscritto come abusivo, ovvero non rispettoso della qualità del manufatto, dell’uso delle materie prime, delle tecniche di lavoro così come previsto dalla Corporazione.

Esse regolavano altresì l’apprendistato a bottega  dove venivano tramandati i “segreti del mestiere”.

Le Corporazioni erano governate da Statuto ed erano costituite da un’Assemblea degli iscritti, il “Corporale”, che eleggeva i suoi rappresentanti, i “Consoli”, delegati a gestire le attività della Corporazione, e il “Consiglio”, organo ristretto con il compito di ratificare o respingere le decisioni dei Consoli.

LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

La  Rivoluzione Industriale nasce in Inghilterra tra il 1760 e il 1830  e riguarda nello specifico il settore Agricolo legato a quello Tessile, dove già nel 1785 è in funzione  la prima macchina automatica per la tessitura.

Tutta l’Europa è un continente a prevalenza rurale e la popolazione vive in maggioranza nelle campagne dove lavora e trae profitto, e dove  il carattere artigianale delle produzioni permette  di occupare mano d’opera nella stagione invernale quando l’agricoltura è ferma.

Sono anni in cui il connubio tra agricoltura e impresa, ovvero tra gelsicoltura, allevamento dei bachi da seta legato alla coltivazione del gelso e la successiva   torcitura e tessitura  richiedono attrezzature più industrializzate.

Siamo agli albori dello sviluppo industriale, in cui la società europea si trasforma rapidamente, anni di grande migrazione dove tra il 1841 e il 1880 13 milioni di Europei  lasciano il Vecchio Continente diretti in prevalenza verso Stati Uniti, Brasile e Argentina  e  dove tra il 1890 e il 1920 emigrano circa 900 mila europei l’anno di cui 10mila Bresciani.

Brescia, come tutte le principali capitali industriali europee inglesi e tedesche, che fino a quel momento erano in prevalenza centri amministrativi religiosi militari e commerciali, a  partire dalla seconda metà  del  XIX secolo, con la nascita di  grossi complessi industriali, è investita dall’industrializzazione. Nasce così la città industriale.

E’ quindi l’industria manifatturiera il motore dello sviluppo urbano con tutto ciò che ne consegue; se da un lato c’è occupazione per chi si trasferisce dalle campagne, dall’altro la sovra popolazione crea condizioni di vita malsane, dove miseria e sudiciume sviluppano  tifo, colera, tubercolosi, nonché criminalità, prostituzione e alcolismo. A Brescia il dibattito politico si infiamma quando si tratta dell’abbattimento delle mura cittadine per “arieggiare” la città.

Come richiamato in premessa, Brescia deve gran parte della sua fortuna industriale di quegli anni all’abbondante presenza dei fiumi che garantivano energia al funzionamento dei magli nella lavorazione del ferro,  dei filatoi nella tessitura, delle segherie nella lavorazione dei legnami, delle concerie nella lavorazione delle pelli.

Un connubio quello tra l’energia prodotta dall’acqua e il ricco minerale estratto e fuso nei forni che, dopo la brillante intuizione dell’inglese Bessemer e del suo rivoluzionario sistema fusorio, nel 1856 aggiunge un altro tassello alla nascita della società industriale moderna.

Brescia vede quindi lo sviluppo della metallurgia e siderurgia complementari alla meccanica quale comparto trainante trasmesso attraverso  conoscenza e saperi antichi. Lo sviluppo è notevole anche se le dimensioni delle imprese, salvo qualche rara eccezione, è ancora contenuta.

Nascono in quegli anni la Meccanica Mazoli di Palazzolo nel 1851, le Fonderie Glisenti di Villa Carcina nel 1859, la Metalllurgica Tempini e la  F.lli Franchi e Gregorini poi  S.Eustacchio a Brescia nel 1887 e la Giulio Togni sempre a Brescia nel 1903.

E ancora a Brescia, la Wuhrer produttrice di birra, dadi per minestra, malto e lievito per la panificazione nel 1889, Folonari produttrice di vini nel 1892, Elettrochimica Caffaro produttrice di prodotti chimici nel 1906 e in  Valle Camonica la Tassara di Breno e la Siderurgica Bresciana nel 1897  faranno scuola con il primo forno elettrico per la fusione dell’acciaio al mondo e ancora  la Società Elettrica Bresciana SEB che distribuirà energia oltre che in provincia alle vicine Mantova e Cremona dal 1905.

Sono in particolare la  Tempini e la Togni  le aziende portabandiera della rivoluzione industriale bresciana di fine 800; la Metallurgica Tempini nella lavorazione e produzione di armi leggere e pesanti,spolette e proiettili  che vedrà una straordinaria espansione nella Grande Guerra con 1400  occupati e successivamente alla fine della guerra sarà l’unica fabbrica italiana a produrre mitragliatrici e le Officine Metallurgiche Togni  poi ATB nella realizzazione di condotte forzate, serbatoi, botti e autoclavi.

Nel 1878 sono 500 le attività manifatturiere in provincia di Brescia oltre a 950 telai per la tessitura che occupano 1.520 uomini, 5.710 donne e 3.301 fanciulli tanti dei quali  al di sotto dei 12 anni.

A fine dell’800 quindi si registra una vera e propria accelerazione del numero delle imprese: 1.300 nel 1890, 2.017 nel 1898 3.103 nel 1903 per passare a 4.189 nel 1911 con 51.700  occupati. L’occupazione prevalente è nel  il settore tessile già presente a Brescia dal XII secolo (filatura e tessitura), oltre alla Calzetteria, Siderurgia e Meccanica, a cui si affiancheranno successivamente quello Cartario,Conciario e Alimentare.

E’ quindi alla fine dell’800 che si costituiscono i primi potenti gruppi economici e  industriali, la fase della cosi detta organizzazione scientifica con una gerarchia piramidale del lavoro conosciuta con il nome di  Taylorismo o Fordismo.

L’industria amplia le sue dimensioni e la sua organizzazione, l’imprenditore per la prima volta cede porzione del suo “potere” ai tecnici, agli addetti alla ricerca scientifica alle innovazioni produttive, al controllo. L’attività industriale è organizzata specificando cosa, come, e in quanto tempo dovrà  essere eseguita un’operazione e imponendo la riduzione dei costi attraverso un deciso incremento della produttività.

E’ durante la Grande guerra che nascono, sull’onda delle commesse, numerose attività la maggior parte a carattere artigianale, con una diminuzione degli occupati in agricoltura e un massiccio impiego di mano d’opera femminile.

Dopo la guerra l’economia passa da un’enorme espansione ad una pesante crisi e l’occupazione soffre del venir meno delle commesse militari, in particolare l’industria automobilistica  bresciana è tra le prime a risentire delle mutate condizioni del mercato.

Le Officine Meccaniche di Milano (OM) restano l’unica realtà nel settore, concentrando la propria produzione nella fabbricazione di autocarri.

Sempre nell’immediato dopoguerra nascono le prime cooperative di mestiere tra artigiani falegnami, facchini, carpentieri, fabbricanti di padelle, idraulici, elettricisti, pavimentatori, imbiancatori, vetrai, pellettieri, scalpellini, muratori, parrucchieri, conciatori, tipografi, armaioli, sarti, prestinai e pasticceri.

L’esperienza acquisita dagli operai delle grandi fabbriche meccaniche fuoriusciti nel dopo guerra favorisce la nascita di una miriade di piccole officine artigiane, in particolare nel settore meccanico. Questo fenomeno sarà ancora più accentuato dopo la seconda guerra mondiale.

La crisi finanziaria del 1929,  dopo il crollo della borsa di New York avrà ripercussioni pesantissime sull’economia europea e anche a Brescia, dove la chiusura e ridimensionamento di tante imprese provocherà una forte disoccupazione.

Saranno poi Tempini, Atb, Om, Sant’Eustacchio e Breda che beneficeranno di importanti e continue commesse legate al secondo conflitto mondiale che porteranno ad un aumento esponenziale dell’occupazione e al fiorire di miriade di piccoli laboratori artigiani legati alla meccanica.

LA BRESCIA DI ZANARDELLI

La Brescia del XIX secolo è quella della rivolta ed eroica resistenza del 1849 contro gli austriaci delle “Dieci Giornate” definita da Giosuè Carducci la “Leonessa d’Italia”, con  il suo emblema della Vittoria Alata,  che vede il suo sviluppo anche grazie a uomini come Giuseppe Zanardelli, avvocato, Presidente del Consiglio, più volte Ministro, convinto sostenitore del progresso e della modernizzazione; uomo  delle professioni, ma convintamente  legato al mondo produttivo e a quell’ artigianato in cui intravede il futuro della Brescia manifatturiera.

Sarà sempre Zanardelli il promotore dell’ “Esposizione Bresciana” del 1904 in Castello, alla presenza di Vittorio Emanuele III e realizzata grazie  ai finanziamenti dei Ministero dell’ Industria e del Commercio, della Provincia, della Camera di Commercio nonché delle Banche Bresciane, una grande esposizione  a cui parteciperanno oltre 2000 espositori per la maggior parte piccoli artigiani.

E’ la Brescia della seconda Banca Artigiana di tutto il Paese sul modello delle Banche Popolari che nasce per iniziativa della borghesia Zanardelliana nel 1864, la Brescia di Giuseppe Tovini tra i promotori della Banca di Valle Camonica nel 1872, del Credito Agrario Bresciano nel 1883, e ancora di Giuseppe Tovini e Giorgio Montini, padre del futuro Papa Paolo VI, iniziatori della Banca S.Paolo nel 1888.

Brescia, pur essendo già verso la fine del XIX sec. tra le più importanti entità produttive del Paese, resta ancora oggi una realtà economica a prevalenza artigianale ad alta specializzazione, ma al tempo stesso limitata nel suo sviluppo a causa della poca capacità finanziaria e quindi innovativa.

 

Bibliografia

 

L’Artigiano Bresciano 1945-2015

Corsini-Zane. Storia di Brescia. Laterza 2014

 

 

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